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Self Bondage 2
di David Stein
inserito da Abatenero - 22/12/2011 - Letto 4156 volte.
“Self Bondage Severo”
By David Stein
with Richard Sommers, M.D.
Questo articolo è stato originalmente pubblicato sul numero 48 della rivista Bound & Gagged
Tradotto e pubblicato su Legami per esplicito consenso e gentile concessione dell’autore.
Per la versione originale, visitate il sito www.boybear.us
Copyright 1995 by David Stein
 
 
Se non altro, il self bondage ha il vantaggio (come qualcuno disse una volta a proposito della masturbazione) che non hai bisogno di presentarti al tuo meglio. Non devi impressionare od eccitare nessun’altro. Puoi farlo quando vuoi, dove vuoi (fino ad un certo punto!), nel modo che vuoi, e per quanto tempo vuoi. Ma c’è almeno una cosa indispensabile per godersi il self bondage in modo sano e soddisfacente, ed è tenere la testa a posto. Volare da soli non è meglio o peggio che farlo con un partner, ma il self bondage è molto più impegnativo per il bottom (che è anche, naturalmente, il Top) in termini di abilità, disciplina e capacità di restare calmi e lucidi anche sotto stress.
Nell’articolo precedente ho distinto due tipi di self bondage, quello “sensuale” (in cui le sensazioni di costrizione ed immobilità contano più che l’idea dell’impossibilità a liberarsi), e quello “severo” (dove l’impossibilità di liberarsi per un certo periodo di tempo è la principale fonte di eccitazione). Tutti i principi di sicurezza già trattati per il self bondage sensuale valgono anche per quello severo, quindi lasciatemi sottolineare di nuovo alcuni punti chiave:
Restare sobri. Il Self Bondage può essere fatale! Non spesso, ma può succedere. Occorrono una mente lucida ed una mano ferma per farlo in sicurezza.
Non combinare mai il breath control con il self bondage, e fare particolarmente attenzione ai bavagli. Liberarsi da un bondage auto imposto richiederà quasi certamente più tempo di quello necessario ad infilarcisi dentro. Per usare con sicurezza i bavagli (gags) è indispensabile la presenza di qualcuno libero di agire  (generalmente un Top) e che sia in grado di intervenire immediatamente se il bottom manifesta difficoltà di respirazione. La stessa cosa vale per minimizzare i rischi di una scena di breath control (anche se io non credo che le scene di breath control possano essere prive di rischi). Quando si gioca da soli, è importante non aggiungere rischi inutili oltre a quelli già presenti di per sé nella situazione. Se proprio vuoi usare un bavaglio, limitati ad un tipo che ti consenta comunque di respirare se il naso dovesse otturarsi, come una corda od un bastoncino tra i denti, ed assicurati di poterli rimuovere facilmente e velocemente in caso di necessità. I bavagli che riempiono e sigillano completamente la bocca, o la bloccano, o che sono applicati sotto altre legature o costrizioni (come cappucci o maschere) sono di gran lunga troppo pericolosi per una scena di self bondage.
Non usare le corde per legarti. Lo so, lo so, le corde costano poco, sono facili da usare, ti fanno sentire bene e sono tremendamente sexy. Purtroppo, non sono abbastanza sicure per il self bondage. Le legature con le corde sono scivolose ed imprevedibili e rendono sin troppo facile infilarsi in situazioni dalle quali poi è impossibile venir fuori. Manette d’acciaio, catene e lucchetti, oppure strisce di cuoio e polsiere e cavigliere bloccate da fibbie o lucchetti sono molto più facili da controllare, nel bondage solitario. Se hai un diploma da annodatore e senti di essere un esperto sgarbugliatore di corde, magnifico, ma assicurati di lasciare un buon coltello a portata di mano!
Lasciati un po’ di margine. Anche se hai la tentazione di stringere ancora un po’ di più, lascia abbastanza lasco ai bloccaggi da assicurarti di essere in grado di uscirne, quando ne avrai avuto abbastanza. Non ci sarà nessun’altro che potrà liberarti (o per lo meno, non senza una lunga attesa, un’ansia terribile ed una bella dose di imbarazzo, a dir poco). Il self bondage è già abbastanza rischioso di per sé, anche senza cercare di spingersi oltre i limiti ogni volta.
Le manette sono molto più facili da mettere che da togliere, anche se hai le chiavi. Esercitati a lungo con loro prima di combinarle con qualunque altra costrizione che possa moltiplicare le difficoltà. Se è possibile, esercitati ad indossare e togliere le manette chiuse dietro la schiena con un partner presente finché non riesci a farlo facilmente da solo.
 
10.000 Combinazioni
Non credo che esista alcun modo per sperimentare quello che ho chiamato self bondage “severo” – cioè quello da cui non puoi liberarti sinché non scatta un qualche meccanismo di rilascio – in modo assolutamente sicuro. Puoi ridurre i rischi sino ad un livello che consideri accettabile, ma non prenderti in giro da solo credendo di averli eliminati tutti. Come con l’alpinismo in solitaria, le immersioni in apnea, o la speleologia, anche quando hai preso ogni possibile precauzione, un incidente può sempre capitare, e può essere fatale. D’altra parte, potresti anche essere investito da un autotreno che passa col rosso. Io non sostengo che sia possibile o doveroso eliminare qualsiasi rischio, ma solo che bisogna essere realistici al riguardo – e non consentire al pungolo delle nostre voglie di spingerci ad assumere rischi maggiori di quelli che ci sentiamo di correre.
Né c’è motivo di affrontare in modo stupido i rischi che consideriamo accettabili. Peter Boots, che ha passato allegramente più di vent’anni entrando ed uscendo dai suoi self bondage severi, quando si tratta di meccanismi di rilascio, consiglia di: “affidarsi a cose estremamente semplici: ghiaccio che si scioglie, oggetti che cadono per gravità, il sole che sorge la mattina. Qualcuno usa timers, motori, elettronica, ma non appena c’è un black out elettrico, o capita un guasto, finiscono nei guai. Finora non sono riuscito a trovare un meccanismo di sicurezza elettronico o meccanico di cui potessi veramente fidarmi”. ( Nel numero 25 di Bound&Gagged c’è una storia paurosa a proposito di una situazione del genere. “Il Giorno in cui il meccanismo di sicurezza fallì”. Ovviamente, l’autore del racconto riuscì a cavarsela, ma fu davvero per un pelo, e l’avventura, per lo meno, gli insegnò a non fidarsi di questi meccanismi.)
Per scene notturne senza cappucci o maschere per gli occhi, Peter usa un lucchetto con una combinazione a quattro cifre, col quale collega le polsiere e le cavigliere ad una catena tirata attraverso il letto (gli piace dormire in posizione fetale con mani e piedi vicini tra loro). E’ possibile usare un sistema del genere per incatenarsi ad una parete, al pavimento, ad una colonna. “Cercare di liberarsi quando è buio è estremamente noioso” fa notare, “dato che ci sono 10.000 differenti combinazioni da provare, ma non appena ritorna la luce del giorno, riesco ad aprire il lucchetto in un attimo”. Peter sconsiglia assolutamente di utilizzare lucchetti con la combinazione a manopola (tipo quelli delle casseforti), perché è troppo facile sbagliare la serie di rotazioni avanti e indietro necessarie per sbloccarli, se vai di fretta o sei nel panico, anche quando sei in grado di vedere quello che fai.
 
La Teoria delle Due Stringhe
E’ difficile, comunque, considerare inespugnabile alla luce del giorno un lucchetto di cui conosci la combinazione, o quando non sei bloccato così strettamente da non poterti muovere almeno un po’, ed accendere la luce. Per le scene diurne, o comunque più brevi, che possono includere posizioni aperte con gli arti allungati o allargati, Peter preferisce l’impiego del ghiaccio e della gravità, usando un meccanismo che prevede l’impiego di due distinti tratti di corda. All’estremità di un laccio è fissata la chiave che gli permetterà di liberarsi, mentre l’altra estremità dello stesso laccio è fissata ad un gancio posto su una parete o sul soffitto in modo tale che la chiave appesa sia facilmente raggiungibile anche una volta bloccato sul letto.
Generalmente, la chiave apre uno dei lucchetti (che hanno identica serratura) posti alla fine delle catene che uniscono una delle polsiere ad uno degli anelli fissati agli angoli del letto. Se Peter giace sulla schiena, la chiave è a portata della mano destra, se giace sullo stomaco è invece a portata della mano sinistra. (Sono possibili anche altre soluzioni, per esempio bloccare entrambi i polsi al centro di una catena tirata tra gli angoli superiori del letto, e fare lo stesso con le caviglie, con le cavigliere agganciate al centro di una catena tirata tra i piedi del letto). Le cose potrebbero restare così, se Peter non fosse interessato ad una scena di bondage a tempo: quando fosse pronto a liberarsi, non avrebbe che da afferrare la chiave ed usarla. Ma il “trucco” del self bondage severo è fare in modo che la chiave sia irraggiungibile finché non è passato un certo ammontare di tempo.
Perciò Peter prepara un secondo laccio, la cui sola funzione è spostare il primo laccio (quello con la chiave attaccata) fuori portata. Il secondo laccio ha un’estremità racchiusa in un cubetto di ghiaccio (Peter tiene sempre nel freezer diversi lacci infilati nel ghiaccio!). Sistema il cubetto di ghiaccio con la stringa attaccata sotto molti altri cubetti dentro una grossa caffettiera, lega l’altra estremità del laccio a quello che tiene la chiave, in qualche punto sopra la chiave stessa, e piazza la caffettiera abbastanza lontana da letto da far in modo che la tensione del laccio affogato nel ghiaccio sposti quello che tiene la chiave lontano dalla linea perpendicolare diretta alla sua mano, di quel tanto che basti a rendere la chiave irraggiungibile. Finché il ghiaccio non si scioglie abbastanza da liberare il laccio dalla caffettiera, la chiave per la sua libertà potrebbe essere anche in un'altra città, e Peter può godersi la sensazione di essere inesorabilmente prigioniero. La durata della scena dipende dalla temperatura nella stanza e dalla dimensione dei cubetti di ghiaccio.
Peter ha fatto vari esperimenti, in modo da sapere quanto a lungo la chiave sarà fuori portata alla temperatura normale della stanza. Ovviamente se capita un improvviso black out in inverno, ed il riscaldamento va fuori servizio, gli può capitare di dover attendere più a lungo, ma con dei normali cubetti di ghiaccio è difficile che l’attesa diventi intollerabile. Peter ha sperimentato anche delle ovvie varianti, come ad esempio infilare la seconda stringa in un’intera caffettiera d’acqua ghiacciata, invece che in un cubetto – ma il guaio è che, più grande è il blocco di ghiaccio, assai maggiore è il tempo che proporzionalmente richiede per sciogliersi, ed assai maggiore anche la sua variabilità, perciò è un metodo che non raccomanda. Gli ho anche chiesto cosa ne pensava di inserire direttamente la chiave dentro un cubetto di ghiaccio o dentro una tazza di acqua ghiacciata, lasciandoli a portata di mano, ed evitare del tutto il meccanismo dei lacci, ma lui mi ha fatto notare che in quel caso ci sono molti modi con cui si può accelerare il processo di fusione (scaldando il ghiaccio con le mani o con un'altra parte del corpo, soffiandoci sopra od orinandoci). Accelerare lo scioglimento del ghiaccio ti consente di liberarti prima, ma questo contraddice l’intero principio di un tempo prestabilito durante il quale non puoi liberarti.
L’uso dei due lacci è fondamentale per rendere il meccanismo a prova di errore. Ho letto di parecchie scene di self bondage in cui la chiave è attaccata allo stesso laccio la cui altra estremità è bloccata nel ghiaccio, così che la chiave cada direttamente in mano quando il ghiaccio si scioglie – ma che succede se la chiave manca la mano e cade sul pavimento? O se rimbalza sotto il letto, o dietro un comodino? E’ molto più sicuro avere in partenza, come fa Peter, la chiave già a portata di mano, e poi usare il ghiaccio soltanto per tenerla lontana per un tempo specificato. In questo modo, invece di dipendere da un meccanismo a tempo che ti consenta di raggiungere la chiave, dipendi da questo meccanismo per impedirti di raggiungerla; se il meccanismo fallisce, puoi comunque liberarti.
Peter sottolinea che, allo scopo di minimizzare i rischi del self bondage a tempo, sono essenziali una buona pianificazione e moltissima pratica – nel senso di sperimentare ogni singolo passo singolarmente, prima di combinarli in un insieme dal quale è impossibile liberarsi. “Prova e controlla molte volte ogni singola cosa prima di cominciare”, dice. “ E la cosa più pericolosa che puoi fare è cambiare la solita tecnica sotto l’impulso del momento per renderla più complicata, perché l’idea ti eccita. La maggior parte degli incidenti di cui sono a conoscenza è capitata per questa ragione”. Ove possibile, è una buona idea avvisare un amico prima di imbarcarsi in un self bondage solitario, così che possa venire a liberarti se qualcosa va storto e non riceva una telefonata entro un tempo prestabilito.
Soprattutto, se qualcosa va storto, cerca di non farti prendere dal panico. “Spesso ci sono altri modi per liberarsi, per quanto difficili”, osserva. “Ma se dovesse accadere il peggio, devi semplicemente fare abbastanza chiasso da indurre i vicini a chiamare la polizia”. Questa è un'altra ragione per non usare bavagli durante una scena di self bondage severo, e suggerisce anche che è molto più sicuro non praticare il self bondage in località isolate, lontane da qualsiasi aiuto. Se vivi in una zona isolata c’è poco da fare naturalmente, ma non è una buona idea infilarsi in una situazione senza uscita, se se ne può fare a meno.
 
Farlo da sé o Morire
Alcuni, come Peter, sono appassionati di self bondage perché amano veramente la sfida e l’insolita emozione psicologica di giocare da top e da bottom nello stesso tempo. Altri, come me, lo fanno soprattutto per frustrazione, quando sentiamo veramente il bisogno di essere legati, ma non riusciamo a trovare un top capace ed affidabile o non riusciamo ad indurlo a farci l’onore di legarci. (per qualche ragione, la disponibilità di buoni top è assolutamente inferiore alla domanda – che sia perché i bottom, in realtà, si divertono molto di più?). Altri ancora possono avventurarsi nel self bondage per un insieme di ragioni.
Qualunque sia il vostro motivo, non siate precipitosi! Io stesso ho corso stupidi rischi quando il bisogno mi spingeva, ma adesso che sono più vecchio, più saggio e più esperto, trovo molto più facile tirare un profondo respiro e pensare prima di chiudermi i polsi con le manette o bloccare con un lucchetto la zip del mio cappuccio. Mi pongo molte domande, e a meno che non trovi delle eccellenti risposte a ciascuna di esse, o rinuncio alla sessione, oppure azzero tutto e ricomincio da capo a pianificare: Come ne uscirò, esattamente? Sarò ancora in grado di liberarmi dopo diverse ore in quella specifica posizione? Cosa posso fare se il meccanismo per liberarmi non funziona? Qual è la cosa peggiore che può capitarmi se non riesco a liberarmi?
Si dice che un cazzo duro non ha consapevolezza – o buon senso – ma nessuno ci obbliga a ridurre noi stessi ai nostri cazzi duri. Se vuoi goderti il self bondage non soltanto una volta ma ancora e poi ancora, stai sobrio e attento, pianifica meticolosamente, non spingerti oltre i tuoi limiti e fai pratica, pratica, pratica!
 
Un ringraziamento speciale a Peter Boots per il suo aiuto nello scrivere queste righe sul self bondage, ed anche a Bandana Boy e ad altri sul Net, dai cui post ho imparato molto.


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